Makossa viene dalle valli toscane e prende quello che lui chiama un “Cappuccino Internazionale della Musica”
Ha girato il mondo alla ricerca di suoni e puoi sentirli. Le sue produzioni iniziano nel 2015 e “inducono l’ascoltatore in uno stato quasi meditativo. Una cornucopia di suoni tropicali e orientali, la sua musica augura un messaggio ancestrale per una vita lenta”. Come l’album uscito per l’etichetta berlinese Drosssel nel febbraio 2018 che è chiamate “creature senza fretta”.
Nelle produzioni reinterpreta qualsiasi cosa con atmosfere sognanti, progressioni sintetiche e bassi funk, ma in nome della lentezza. Uno stile elegante e raffinato che fonde tutto in un’unica cornice globale: canti di prigionia dai campi di cotone, litanie di monaci di qualche altopiano asiatico, blues del deserto o pop latino sono in sintonia con le voci stridule e acide di microscopiche anziane filippine, su basi elettroniche in bilico tra la tradizione Cosmica italiana e l’elettronica berlinese.
Nei dj-set spazia ancora di più pur mantenendo la sua caratteristica aplomb: dub e fusion si mescolano a canti francesi introversi, afrobeat e poesia araba, con una coerenza pacata capace di risucchiare anche piccoli inserti di swing e polke allegri dall’Est Europa, senza essere in grado di distinguere dal sorgere dei Cajun e dei proto-ska caraibici.
Tutto fa parte di una carrellata di timbri e scale che si articolano su un unico tema, e anche il West diventa terra di folklore culturale, dal beat italiano di Caterina Caselli, al canto patetico delle ballate irlandesi e dell’R&B americano.